Secondo dati ufficiali, su 129 campionamenti eseguiti in 39 laghi situati in 11 diverse regioni italiane, il 33% ha superato i limiti di legge per la presenza di batteri fecali o altre sostanze inquinanti. Questi risultati destano grande preoccupazione, poiché i pesci provenienti da questi laghi contaminati finiscono spesso sulle nostre tavole, rappresentando un potenziale rischio per la salute pubblica.
Quali sono i laghi più inquinati
Come accennato, negli ultimi anni i laghi italiani stanno affrontando un crescente problema di inquinamento. Oltre ai batteri, sono stati rilevati contaminanti ancora più insidiosi, come metalli pesanti, microplastiche e pesticidi di origine agricola. Queste sostanze penetrano nell’ecosistema acquatico e si accumulano progressivamente lungo la catena alimentare.

La presenza di questi inquinanti è particolarmente allarmante perché possono essere assimilati dai pesci che, a loro volta, vengono consumati da numerose famiglie italiane. Tra i laghi in cui il consumo di pesce dovrebbe essere fortemente limitato spicca il Lago Maggiore: diverse analisi hanno evidenziato concentrazioni anomale di PFAS nei pesci locali.
Queste sostanze sono state riscontrate in particolare nelle alborelle e nei persici. In alcuni casi, i livelli di PFAS rilevati sono risultati fino a 14 volte superiori rispetto ai limiti considerati sicuri, spingendo le autorità e gli esperti a lanciare ripetuti appelli per vietare o almeno ridurre il consumo di questi pesci.
Quale pesce non mangiare
Neppure il lago più grande d’Italia è immune da queste problematiche. Ad esempio, l’agone, un pesce tradizionalmente consumato nelle zone limitrofe, è stato trovato contaminato da metalli pesanti e altre sostanze chimiche. Sebbene non siano ancora stati emanati divieti ufficiali, si raccomanda vivamente di limitarne il consumo, soprattutto in modo regolare.

Questa raccomandazione è particolarmente importante per i bambini e le donne in gravidanza. Anche nel lago di Como sono stati riscontrati contaminanti sia di tipo microbiologico che chimico, soprattutto in alcune aree specifiche, come quelle in prossimità degli sbocchi dei fiumi immissari che scaricano acque insufficientemente trattate. Da queste zone proviene spesso il pescato locale.
Situazioni analoghe si riscontrano anche nel lago d’Iseo e nel lago di Mergozzo, due bacini molto frequentati durante la stagione estiva, dove sono stati rilevati elevati livelli di inquinamento. In questi laghi, diverse specie ittiche presentano tracce di PFAS, sollevando ulteriori dubbi sulla sicurezza del consumo di pesce proveniente da queste acque.
Quali sono le principali cause di questi inquinamenti
L’inquinamento delle acque dolci italiane è il risultato di molteplici fattori. Tra le cause principali figurano gli scarichi industriali e agricoli non adeguatamente trattati, che riversano sostanze nocive nei laghi e nei fiumi. Questo fenomeno è aggravato dall’uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi, che, trasportati dalle piogge, finiscono nei corsi d’acqua, e dalla presenza di depuratori obsoleti o assenti, soprattutto nei piccoli centri abitati.

Un ulteriore contributo all’inquinamento deriva dalle microplastiche, originate da imballaggi, tessuti sintetici e prodotti cosmetici, che si accumulano nei sedimenti lacustri. Un’altra fonte significativa di contaminazione è rappresentata dai PFAS, composti chimici utilizzati in numerosi settori industriali, tra cui quello tessile, alimentare e chimico, noti per la loro elevata resistenza alla degradazione. Tutte queste sostanze, una volta presenti nei laghi, possono essere assorbite dai pesci e, attraverso la catena alimentare, arrivare fino all’uomo.
La presenza di queste sostanze nei sedimenti e negli organismi acquatici rappresenta una minaccia concreta per la salute pubblica e per l’equilibrio degli ecosistemi lacustri.
Cosa si rischia se si mangia pesce contaminato
Essere consapevoli di ciò che si porta in tavola è fondamentale, poiché il consumo abituale di pesce proveniente da acque inquinate può esporre l’organismo a diversi rischi per la salute. Tra questi, si annoverano disturbi gastrointestinali e infezioni, soprattutto in caso di contaminazione da batteri fecali.

Inoltre, l’assunzione di pesce contaminato può portare all’accumulo di metalli pesanti come mercurio e cadmio, sostanze tossiche per reni, sistema nervoso e fegato. La presenza di PFAS è associata a effetti ormonali e cancerogeni, aumentando il rischio di gravi patologie.
Infine, il consumo di pesce contaminato può compromettere il sistema immunitario e quello riproduttivo. Questi rischi sono particolarmente elevati per bambini, donne in gravidanza, anziani e persone vulnerabili. Per questo motivo, è fondamentale evitare il consumo di pesce proveniente da laghi non tracciati, soprattutto se acquistato presso mercatini o da venditori privati, dove i controlli sanitari possono essere assenti o insufficienti.